Sono i vip e i grandi marchi di moda a lanciare la nuova tendenza della gonna nella moda uomo. Molti gli eventi nei quali i volti noti dello spettacolo appaiono disinvolti nella nuova mise.
La gonna da uomo, attualmente si posiziona tra i top 10 di Lyst
Mahmood al Festival di Sanremo 2022 ha rappresentato egregiamente la causa genderless con l’oufit firmato Burberry. Grandi nomi come Harry Styles e Marc Jacobs combattono gli stereotipi gli stereotipi di genere apparendo in pubblico vestiti alla femme fatale; il ventottenne britannico degli storici One Direction, nel 2020 posa per la copertina di un noto magazine indossando una gonna scozzese. Damiano, leader dell’omonima band italiana dei Maneskin abbraccia a sua volta la causa, battendosi contro la mascolinità tossica. E ancora, giacca e gonna per Oscar Isaac: il completo ideato da Thom Browne per la prima del tanto atteso ”Moonlight Knight”. Lo stilista dal 2018 diffonde nelle passerelle la gonna da uomo, un tentativo di ibridazione mal riuscito nel 2002 da Jean Paul Gaultier.
Browne ha successo, a distanza di quattro anni il trend di ricerche per gonna uomo impenna
Gucci e Armani combattono le congetture e gli stereotipi di genere iniziando a parlare di sessualità fluida attraverso la moda; è il caso della serie Gucci disponibile dal 2020 sulla piattaforma YouTube. Le sette puntate celebrano una realtà idilliaca dove il dialogo fra i sessi è fluido.
E allora, perché gli uomini non portano la gonna?
E’ importante fare un passo indietro per indagare su quale fosse stato nel corso della storia il ruolo di coloro che indossavano la gonna. Ebbene, le prime gonne compaiono circa 5.000 anni fa in Mesopotamia; erano ricavate da pellame di bovino agganciate intorno alla vita. Nell’antico Egitto il capo diffuso fra i dignitari e dal Faraone era la Skentis; questa gonna, lunga pressoché fino alle caviglie e ricca di decori, era indossata in segno della superiorità della carica di chi la portava. Per i civili, sia uomini che donne, restava la classica gonna a teli sfalsati in lino legati saldamente sotto l’ombelico.
Il Peplo, è un esempio pervenuto dal mondo antico del capo unisex
Indossato indistintamente da uomini e donne nel periodo Greco-Romano, si tratta di un pezzo di stoffa rettangolare stretto intorno alla vita per poi essere completato da un mantello sovrastante. Tra i primi ad utilizzare i pantaloni ritroviamo i Barbari che importarono questa usanza nelle moderne civiltà Romane. Nell’Impero gli unici ad indossare un capo così ”povero” quale i calzoni erano i cittadini, in quanto le alte cariche mantennero l’uso della toga fino all’Alto Medioevo.
La gonna si insidiò nell’armadio femminile solo nel Rinascimento (1400) per poi divenirne parte integrante fino al 1900. Elizabeth Smith Miller fu la prima donna ad indossare -dopo secoli- i pantaloni nel 1851. Libby insieme ad Amelia Bloomer apparirono in pubblico indossando i calzoni alla turca, un gesto che causò indignazione e ripudio da parte degli uomini presenti.
Se nel mondo occidentale il pantalone può aver rappresentato per secoli un tabù per le donne, per gli uomini la storia è ben diversa.
Il kilt indossato in Scozia tutt’ora è sinonimo di identificazione non solo territoriale ma anche familiare. Difatti, ogni famiglia ha il proprio stemma e la propria gamma di colori applicata al capo. Nel territorio africano è largamente diffuso il khaftān una lunga veste di seta o cotone ampiamente decorata lunga fino al ginocchio importata dalla tradizione turca. Il dishdasha viene comunemente indossato dai musulmani e il dhoti dagli indiani, entrambe tuniche usate durante gli eventi ufficiali. Per la sua semplicità compositiva la gonna rappresenta il capo più utilizzato e longevo della storia. Riconosciuta come sinonimo di femminilità, grazia e sensualità; nasce per uso comune di entrambi i sessi ma in Occidente diramerà verso un’unica direzione: quella della donna. Sarà possibile -se non fosse già in atto- un cambio di rotta?
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