Pizzi, merletti, trasparenze e sensualità, seducenti silhouette femminili ed estrema eleganza. Sono queste le cifre stilistiche che traspaiono dalle creazioni Anton Giulio Grande. Ex enfante prodige della moda, ha intriso i suoi abiti di una ricercatezza e di un fascino che va al di là del tempo e delle stagioni. Le sue opere di alta moda sono riprese dalle telecamere del “Tg2 Costume e Società” ed ambienta il suo shooting fotografico in esclusiva per Life&People Magazine nel meraviglioso scenario rococò della Coffee House di Palazzo Colonna; la nostra intervista esclusiva.
La moda è una passione innata o è apparsa in un secondo momento nella tua vita?
Fin da sempre il mio sogno era quello di disegnare abiti per le bellissime dive della tv, ma i miei genitori volevano per me una professione più tradizionale. Sono nato a Lamezia Terme, provengo da una famiglia borghese. Il mondo della moda non rientrava nelle aspettative dei miei. Scelsi di non deluderli, frequentai il liceo classico, mi laureai con il massimo dei voti in Lettere Moderne con indirizzo Storia dell’Arte. Nel frattempo, mi iscrissi al Polimoda di Firenze e successivamente al FIT (Fashion Institute Technology) di New York.
Dopo la tua formazione di arte e moda sei passato subito alle passerelle?
Ho fatto un breve periodo di tirocinio dalle Sorelle Fontana e da Gattinoni. Ho imparato molto di più stando accanto a loro che all’università. La formazione sul campo è stata importante. Sono partito con la mia prima sfilata di Altaroma nel 1997 (allora la manifestazione si chiamava “Divina Roma”), avevo solo 23 anni. Sono stato il più giovane stilista della storia della moda italiana, ho sfilato anche a Piazza di Spagna, sempre in quell’anno, per “Donna sotto le stelle”. Dal 1997 fino al 2000 ho partecipato ad Altaroma, poi sono andato a Milano per il pret a porter e, successivamente, ho cavalcato l’onda delle sfilate in tv.
Anton Giulio Grande la televisione ti affascina?
La tv è un mezzo di comunicazione molto veloce per entrare in sintonia con il grande pubblico. Le mie testimonial sono state dal 2000 al 2007 grandi personaggi televisivi del momento: la Moric, la Campbell, la Casalegno, la Falchi, la Rodriguez, la Yespica. Ho sfilato nelle più belle trasmissioni tv: “Moda Mare Capri”, “Moda Ischia”, “Sfilata d’amore e moda”. Sei poi tornato ad Altaroma nel 2015. La stampa l’ha definito il “Grande ritorno di Anton Giulio ad Altaroma”.
Che differenze hai trovato dopo ben quindici anni?
Sono stato felice di tornare ad Altaroma, ma l’atmosfera rispetto il 2000 era differente: il calendario degli stilisti presenti era molto più ridotto rispetto al passato, le location utilizzate troppo moderne rispetto a ciò che volevo comunicare con il mio defilè. Ho scelto, pertanto, di esibirmi in due location storiche.
Che tipologia di cliente si affida a te?
La mia è una donna internazionale, con un’età che va dai vent’anni in su, vesto soprattutto le spose.
Com’è la sposa di Anton Giulio?
E’ femminile… Prima di realizzare un abito per una mia cliente voglio capire bene la sua personalità, che sogni ha, come vuole valorizzare il suo fisico, che tipo di matrimonio sta organizzando, il suo status. Non mi piace violentare psicologicamente la mia sposa, cerco di capire le sue esigenze ed adattare su di lei le mie creazioni. Realizzo cinquanta abiti massimo all’anno per la sposa, non mi piace fare grandi quantità, creo prettamente per delle spose del sud, al nord propongo degli abiti diversi.
Quali sono i materiali utilizzati nelle tue creazioni?
Il pizzo soprattutto, adoro utilizzare il pizzo calabrese negli scialli che è presente nelle mie creazioni. Lo scialle per me è qualcosa di etereo, è sensuale, è un gioco di vedo e non vedo, lo spostamento di questo velo lo trovo molto ammiccante, è un accessorio che rende decorosa la donna quando entra in un posto.
Bisogna essere ricordati, non notati, come ricorda Giorgio Armani.
Infine spostare lo scialle dà un colpo di scena e fa emozionare chi abbiamo davanti a noi.
Anton Giulio cosa significa per te creare abiti?
Il mio fine è quello di rendere bella la donna. Il couturier deve aiutare la cliente ad esprimere la propria personalità, a lanciare un messaggio. L’abito è uno dei mezzi di comunicazione non verbali più importanti che abbiamo. Attraverso di esso si esprimono delle cose che non oseremo mai dire. Chi sceglie di affidarsi a me e’ perché vuole sentirsi bella, anzi la più bella di tutte. Se non condivido alcune richieste della mia cliente con bei modi le faccio presente il mio punto di vista. Un conto è il defilè, lo shooting, dove bisogna esagerare per creare un momento emozionale forte per la stampa, un altro è la realtà, il dover vestire delle donne che non sono modelle. Alcune clienti sono spaventate ma quando vengono in atelier propongo loro degli abiti più “normali”, più adatti alla circostanza.
Il nero appare nella maggior parte delle tue creazioni. Perché questa scelta?
E’ il mio colore preferito, interpreta al meglio l’eleganza, si può indossare in qualsiasi ora del giorno e della notte. Anch’io vesto sempre di nero, non si sbaglia mai. Mi piace anche il rosso cardinale, il bordò, il bianco, i colori decisi. Sono del leone! Amo gli abiti o corti o lunghi. Una donna che indossa un abito deve avere personalità, anche se non è bella non fa nulla, ma senza personalità ed intelligenza non si va da nessuna parte.
Recentemente hai presentato nel servizio di Rai Due gli abiti con le piume, nuovo trend della stagione. Perché questa scelta?
Utilizzo per i miei capi le piume italiane e ci tengo a dire che, a differenza delle pellicce, con la piuma non si uccide l’animale, perché viene poi rigenerata. In Italia ci sono dei controlli importanti e seri. Mi sono ispirato al film “Black Swan”, ho trovato magistrale l’interpretazione di Natalie Portman: il morire per raggiungere la perfezione nello spettacolo, l’ambizione esasperata per il proprio lavoro. Anch’io sono andato contro tutti, in primis contro la mia famiglia, perché volevo diventare uno stilista. Nello shooting appaiono tutti abiti da sera, adatti alle festività invernali, abiti piccoli da mettere in valigia e da poter indossare sia a Roma che a Las Vegas. La piuma rappresenta il volo, dà leggiadria ed è eterea, “E’ l’insostituibile leggerezza dell’essere”. E’ effimera, è leggera, sfida la forza di gravità. La piuma nel passato era un simbolo di nobiltà, la indossavano i Maya, gli Egizi, gli Indiani D’America e gli Atzetchi. Durante la Belle Epoque e nel Divismo degli anni 30 era fortemente utilizzata. Chanel fu la prima stilista che si occupò di cinema e realizzò i costumi per Marlene Dietrich e Greta Garbo con le piume.
Due grandi dive del passato. Secondo te, ce ne sono ancora?
La diva ha perso l’allure che aveva un tempo perché sono subentrati i social. Io non sono dipendente dai social network, li utilizzo esclusivamente per lavoro, ma non lascio trapelare nulla della mia vita privata, a meno che non siano circostanze o eventi di lavoro. Gli amori veri vanno vissuti, non raccontati. Il modo di esprimerli non è paragonabile a ciò che si sente.
L’eleganza per te cosa rappresenta?
L’eleganza o si ha o non si ha. Si può migliorare, ma non si muore eleganti. L’eleganza non la fa un vestito, o una carta di credito. Talvolta si è eleganti indossando qualcosa in maniera naturale: è un gesto, il toccare in un certo modo i capelli, è essere se stessi, non è imitare qualcuno, perché se lo si fa si è sempre la brutta copia di qualcun altro. Un conto è l’ispirazione, un conto l’imitazione.
Come trascorri il tuo tempo libero?
A settembre mi dedico ai viaggi sia in Italia, in Sardegna che nel Sud della Francia che amo per il gusto e la cultura. Cannes, Saint Tropez, l’Isola di Cavallo sono dei posti fantastici, mi piace viaggiare, visitare mostre, musei, andare al cinema, leggere, conoscere gente ma anche stare in solitudine e riflettere.
Per concludere ci sono degli stilisti del passato che ti hanno ispirato o che ammiri particolarmente?
Mi piace Valentino, non solo le sue creazioni ma il personaggio a 360 gradi, è l’ultimo vero divo della moda. E’ stato sempre fedele al suo stile, i suoi abiti sono molto femminili, la sua vita di eccessi contenuti lo ha reso una star. Ferrè è stato dimenticato, ma la sua architettura delle forme, il suo modo di interpretare la camicia è arte allo stato puro, Saint Laurent è il vero inventore dello smoking, un look sofisticato senza tempo.
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